CASH, HASH, DASH

La ribelle di WEER

Il tempo passa, la società cambia, l’economia fluttua, i gusti si adattano alle mode del momento, le gonne si allungano, i capelli si accorciano, le giacche si allargano, la donna è in carriera, i giorni diventano mesi e nel bel mezzo dei trent’anni ci si ritrova a fare ordine in quell’armadio che racchiude più ricordi che veri e propri capi sartoriali, memorie di un vecchio modus operandi del buon costume, del bel vestito e della buona materia tessile che caratterizzò uno dei periodi più significativi del mondo fashion. In mezzo a quella pila di abiti, tra errori di stili e colori improponibili, ci si ritrova sempre a fare i conti con quel passato che in qualche modo ci ha plasmato; quel paio di jeans dal taglio dritto, proprio quelli che nascondevano ogni forma sono ancora li, su quello scaffale che aspettavano solo un’occhiata più profonda per tornare più vivi che mai. Abbiamo avuto tutti il nostro periodo ribelle e quel paio di jeans lineare, come oggi lo sono i nostri obiettivi, non ci hanno mai abbandonato.

Presente e passato s’ incontrano, uniti da un filo elastico quanto il tempo. Tra il ricordo di James Dean e la canzone “Jailhouse Rock” di Elvis in sottofondo ci rendiamo conto quanto una capo iconico possa effettivamente battere qualsiasi barriera. In questo quadro fatto di puri ritorni generazionali si è fatto strada il brand svizzero WEER che, prendendo ispirazione dal workwear e le differenti subculture, crea abiti attuali, genderfluid caratterizzati da linee semplici e da un’elevata qualità dei materiali che vede mischiarsi tradizione e innovazione per una moda sempre più consapevole.

Per la Spring/Summer collection il genio creativo Karin Lorez prende ispirazione dal lavoro artistico e culture del fotografo Karlheinz Weinberger che, nella Zurigo del 1950 e 1960, immortalò la gioventù del tempo, i ribelli, o Halbstarke, presentandoli come i protagonisti di un quadro contemporaneo; immagini di teen in jeans, pettinature importanti e brillanti e un sex-appeal tanto rumoroso quanto musica esplosiva.

La figura androgina di WEER veste boyish style, blue jeans, maglietta bianca, pants combinati color block, abiti patchwork e tute da lavoro totalmente ripensate con applicazioni che passano da uno stile punk a uno molto più attuale.

Karin Lorez porta nella scena quotidiana uno stile attualizzato mixando scarti di tessuto, Swiss lace e bandane tradizionali con elementi contemporanei come le applicazioni con il simbolo della cryptovaluta: il bitcoin.

La filosofia che Karin Lorez e il brand abbracciano è quella di proporre sempre una selezione di pezzi ben studiata e, soprattutto pensata, rielaborando in continuazione mode e  “approach” passati attualizzandoli grazie alle nuove tecniche del settore tessile oggi disponibili; ogni capo, infatti, è simbolo di ricercatezza minuziosa per quanto riguarda il materiale e sinonimo di attenzione certosina per il design inoltre la produzione  avviene interamente in territorio europeo.

Ecco che quel paio di jeans, quello stile che abbiamo ritrovato in fondo all’armadio, può comunicare molto più di quel che pensiamo: una cultura, una “way of life”, un passato, un presente e un futuro. Chi siamo, chi siamo stati e chi diventeremo; perché se “were” è il passato di essere, WEER è il filo che unisce semplicità e qualità, il ponte tra quello che è stato e quello che sarà.

Camilla Bordoni