A Roma fino al 3 marzo 2019, l’installazione dedicata alla città di Taranto e agli operai dell’Ilva
Arte come etica. Arte come denuncia sociale. Arte come affronto alla vita e alla morte.
La Galleria d’Arte Moderna di Roma ospita “Le tute e l’acciaio”, nuovo site specific dello scultore Antonio Fraddosio. Pugliese di nascita, l’autore ha voluto portare nel cuore della capitale la sua denuncia alla drammatica vicenda dell’Ilva di Taranto, l’impianto siderurgico più grande d’Europa.
Nel chiostro della GAM vengono raccontate le storie degli operai che lavorano a questa grande macchina. Persone normali, né eroi né vittime, che conducono una vita normale, ma che non hanno un lavoro qualsiasi, perché all’Ilva si rischia la vita.
L’installazione presenta dieci monumentali lamiere lacerate, contorte, sporcate e incendiate. Assomigliano a pannelli antropomorfi. Il richiamo è alle tute che dovrebbero proteggere gli operai dal rischio tumorale, che vengono depositate al termine del turno di lavoro prima di andare alle docce, in una sorta di camera di compensazione. Aleggia un senso di sofferenza e distruzione, sottolineato dai colori velenosi e mortali ispirati alle sfumature della ruggine, alla polvere nera e bruna che soffoca la città di Taranto. Le opere sono inserite in cassoni di cor-ten che richiamano gli edifici del rione Tamburi, il quartiere limitrofo all’acciaieria. L’area di transizione che separa invano la zona malata dalla vita reale.
Ma al senso di morte si contrappone la speranza affidata al potere catartico dell’arte. Un’arte che affronta la realtà. Un’arte che diventa grido, ribellione, denuncia. Una denuncia universale contro le situazioni in cui si può guadagnare il diritto al lavoro solo in cambio della propria vita.
Cecilia Trezza